Il racconto tormentato della presa di coscienza di una colpa e di una redenzione.
Dopo il successo di Provando…Dobbiamo Parlare, un nuovo progetto sul “teatro non teatro” di Sergio Rubini con Luigi Lo Cascio. Delitto/Castigo è un viaggio tra i capitoli di uno dei più grandi romanzi mai scritti, facendoci rivivere l’epico Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij.
Un’opera dove non esistono personaggi minori, ma dove ogni figura è portatrice di una voce, di una propria potente visione del mondo. È stato il critico Michail Bachtin a inventare l’espressione “romanzo polifonico” parlando di Dostoevskij: l’autore non interviene mai all’interno del testo per pilotare le coscienze dei suoi personaggi. Ogni personaggio rappresenta in qualche modo un’idea, un’ossessione, un punto di vista sulle cose: è ideologicamente autorevole, autonomo, indipendente dalla visione dell’autore, che non fa altro che seguirne il naturale sviluppo senza intervenire e, soprattutto, senza piegarne la psicologia alle esigenze di trama.
Una produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, Fondazione Teatro della Toscana.
Trama
Un classico d’altri tempi, tale in nome delle potenzialità riflessive in esso contenute e della capacità di rendersi psicologicamente e culturalmente attuale anche a distanza di più di 130 anni.
Pubblicato da Fëdor Dostoevskij nel 1886, Delitto e Castigo, sulla scia di Ricordi dal sottosuolo e de I fratelli Karamazov, ci colloca nella condizione di osservatori esterni di una scena narrativa ben definita dal punto di vista spazio temporale, oltre che dal punto di vista dei personaggi e dell’intero contesto che la genera. Una situazione potenzialmente realistica, all’interno della quale l’autore russo porta avanti, con costanti e sottili riferimenti alla propria dimensione religiosa, una riflessione esistenziale inconsapevolmente necessaria per il lettore.
Vertigine e disagio accompagnano il lettore di Delitto e Castigo. La vertigine di essere finiti dentro l’ossessione di una voce che individua nell’omicidio la propria e unica affermazione di esistenza. E quindi il delitto come specchio del proprio limite e orizzonte necessario da superare per l’autoaffermazione del sé.
Un conflitto che crea una febbre, una scissione, uno sdoppiamento; un omicidio che produce un castigo, un’arma a doppio taglio. Come è la scrittura del romanzo, dove la realtà, attraverso il racconto in terza persona, è continuamente interrotta e aggredita dalla voce pensiero, in prima, del protagonista. Ed è proprio questa natura bitonale di Delitto e Castigo a suggerire la possibilità di portarlo in scena attraverso una lettura a due voci.
In Delitto e Castigo non si trova una ragione, una risoluzione definitiva; non ci si interroga sul perché del delitto, ma su come l’autore del delitto si comporti a partire dall’istante successivo al delitto. Si studiano le sue reazioni e ci si specchia nei suoi occhi, partecipi di una sofferenza che, seppur non originata da un atto grave quanto un delitto, può appartenerci e avere su di noi le stesse conseguenze, se non anche più gravi.
Un invito a misurarsi con le proprie paure, i propri errori, con la società, la legge, il mondo, perché si pone nei termini polivalenti del romanzo psicologico e introspettivo, del giallo, della storia d’amore, dell’individualismo, dell’egoismo, della fede cristiana e di tutto quanto possa contribuire a far comprendere al lettore che la colpevolezza e l’errore appartengono all’animo umano, tanto quanto ad esso appartengono l’intelligenza, il sentimento, la capacità di imparare, di chiedere scusa, di perdonare e di redimersi anche a costo di perdere quella che tutti chiamiamo vita.