[Foto di scena Filippo Manzini]
PRIMA NAZIONALE
Debutta in prima nazionale La controra, spettacolo che Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli hanno tratto da Le Tre sorelle di Čechov. L’ambientazione familiare del Meridione negli anni ’50, più riconoscibile dal pubblico italiano, esalta la vita del testo e gli spunti di commedia che Čechov stesso nelle sue lettere diceva di non veder rappresentati a sufficienza.
Tra la lingua di Eduardo De Filippo e Pane, amore e fantasia, i dialoghi scivolano con leggerezza, i rapporti tra i personaggi diventano subito evidenti, forti si rivelano le analogie con il Sud, simili il senso del tempo, dello stare insieme, del fantasticare.
Un lavoro che ha radici profonde nella biografia di Favino e Sassanelli, che lo dedicano alle loro madri, e che costituisce anche un omaggio allo stesso Teatro della Pergola.
Le Tre sorelle di Čechov nel Sud Italia degli anni ’50. Il padre di una drammaturgia del presente, della ricerca dell’attimo, dello stare in ascolto, è stato adattato battuta per battuta da Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli, anche registi, trasportando quel mondo fatto di profumi, colori, sensazioni, che formano una fittissima partitura emozionale, dalla Russia a una zona che sta tra la Campania, la Puglia e la Basilicata. Qui, idealmente, si colloca la messinscena de La controra e la casa in provincia che le tre sorelle Vurro, Carmela, Maria e Caterina abitano insieme al loro fratello Natale. In scena, accanto a Favino nel ruolo di Natale Vurro, le tre sorelle Vurro e cioè Lunetta Savino, Fabrizia Sacchi, Paola Michelini, e Anna Ferzetti, Antonella Lori, Bruno Armando, Guido Caprino, Totò Onnis, Francesco De Vito, Renato Marchetti, Teodosio Barresi, Gianluca Bazzoli, Domenico Pinelli. La regia è di Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli. Una produzione Fondazione Teatro della Toscana, in coproduzione con Compagnia Gli Ipocriti.
La controra rappresenta un’ulteriore sfida, una drammaturgia più complessa, dopo il precedente di Servo per due, riadattamento de Il servitore di due padroni di Goldoni attraverso la riscrittura di Richard Bean, che per due stagioni ha entusiasmato i teatri di tutta Italia, Pergola compresa. L’idea è quella di trasportare un classico in una realtà ben identificabile dal pubblico di oggi, ridargli vita e respiro affinché gli spettatori possano riconoscersi pienamente nella storia raccontata. La lingua parlata dai personaggi è, come è evidente, meridionale, vicina ad alcune commedie di Eduardo De Filippo, che ha contribuito se non permesso al napoletano di diventare lingua teatrale nazionale.
Quando hanno iniziato a lavorare sul testo, a Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli è venuto naturale ripensare ai luoghi e ai personaggi della loro infanzia – in Puglia, Favino a Candela, in provincia di Foggia, Sassanelli a Bari – ed entrambi dedicano lo spettacolo alle rispettive madri. Il 3, poi, è numero che ritorna nella famiglia di Favino: ha tre sorelle (Sassanelli due), la famiglia di sua madre è formata da tre sorelle e anche suo zio ha tre femmine. Inoltre, il senso del tempo e del sacro, della Provvidenza e dell’attesa che si vivono nel Sud Italia, sono sentimenti molto vicini a quelli raccontati da Čechov e la fine dell’800 del testo originale, in cui i personaggi escono dalla guerra di Crimea e aspettano di capire quale sarà la loro prossima destinazione, è equiparabile al periodo che dal secondo dopoguerra va agli anni Cinquanta e alla ripresa economica, periodo di stasi e attesa che si attraversa ne La controra.
I due autori e registi hanno condotto lo studio de Le Tre sorelle leggendo le lettere e gli scritti di Čechov, e poi hanno condiviso il lavoro con tutto il cast l’estate scorsa ad Ariano Irpino, in provincia di Avellino, un periodo vissuto insieme, proprio come fanno i personaggi sulla scena, che ha contribuito a creare il gruppo e a cementare un linguaggio comune. L’adattamento comincia già nel titolo, La controra. Al Sud la “controra” è quel momento del giorno in cui si sta in casa, in cui non sta bene uscire, si riposa o si parla attorno a un tavolo; è un’interruzione volontaria del fluire del tempo, nell’attesa che riprenda a scorrere negli impegni quotidiani. La casa è il centro di tutto, diventa famiglia e fa da testimone ai cambiamenti. Quella casa è il teatro stesso, cioè la Pergola. L’allestimento, infatti, ne ha inglobato completamente l’architettura, lasciando il palcoscenico nudo, spoglio, facendo emergere solo pochi elementi scenici, gli attori e il testo: è come se la Pergola stessa fosse al centro del racconto, che non è solo comprensibile, ma perfino condivisibile, specchio della nostra odierna condizione umana ed esistenziale.
Ne Le Tre sorelle le figure femminili vengono generalmente rappresentate come in preda alla nostalgia, imprigionate da qualcosa che non avverrà mai, e invece ne La controra le tre sorelle sono donne che hanno la forza di ripartire, indipendentemente dagli uomini. Nello spettacolo, infatti, non c’è né rassegnazione né malinconia: noi siamo parte di qualcosa che è prima di noi e che lo sarà anche dopo. Questo ci aiuta a comprendere che è inutile innalzare dei muri: gli unici confini che possiamo davvero darci sono quelli della nostra immaginazione.
MERCOLEDÌ 27 APRILE ORE 18.00
In occasione dello spettacolo La controra, Pierfrancesco Favino con gli attori della compagnia incontrano il pubblico.
Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili