Via della Pergola 12/32
50121 Firenze
Foto Filippo Manzini
PRIMA NAZIONALE
Si abusa spesso del concetto di contemporaneità riferito a opere del passato, ma per La dodicesima notte può essere utilizzato a ragion veduta. Shakespeare ci offre con la maestria del suo genio e del suo spirito libero una lezione di civiltà: la fluidità, le identità aperte e non rigidamente definite, che oggi iniziamo finalmente ad accettare seppur con mille difficoltà e all’interno di un dibattito polarizzato e spesso cattivo, qui sono un dato di fatto, celebrato con un’allegria e una spensieratezza totali in un gioco un po’ pazzo dove, in fondo, a contare davvero è “quel che volete”.
Composta all’incirca nel 1600, La dodicesima notte ruota intorno al naufragio nell’immaginaria Illiria dei gemelli Viola e Sebastiano e alle avventure scaturite dal travestimento maschile della fanciulla che, sotto il nome di Cesario, diventa paggio del duca Orsino. Elegante e piena di grazia, la commedia trascina lo spettatore nella sua atmosfera magica e incantata, in cui i contrasti più feroci si compongono armoniosamente. Pier Paolo Pacini dirige il testo nella versione di Orazio Costa, una traduzione di grande qualità e intelligenza teatrale, che tiene conto della peculiarità del testo che alterna l’uso di prosa e versi. Essa è stata snellita dall’intervento di Filippo Gentili, che con altrettanta intelligenza è intervenuto per aiutare a seguire l’intreccio, attualizzando il linguaggio laddove esso poteva risultare non immediatamente efficace per lo spettatore di oggi.
Note di regia
La dodicesima notte è un invito alla normalizzazione che Shakespeare ci fa arrivare attraverso i secoli con la maestria del suo genio teatrale e del suo spirito libero. Questo si inserisce in un clima di festa (non per niente la prima rappresentazione avvenne probabilmente nell’ambito di una festa studentesca), che fanno di questa commedia, ambientata in un regno inventato pieno di musica e di colori, un inno alla libertà, temperato da un’atmosfera favolistica che rende tutto un gioco. Ma – come in tutte le favole – la superficie apparentemente leggera nasconde significati profondi.
Pier Paolo Pacini