«In una corsia d’ospedale degli anni ’60 due portantini depositano una barella su cui giace un vecchio ricoverato d’urgenza con occhi avvolti da garze insanguinate. È un accattone ex proprietario di radici contadine, vedovo con quattro figli, affetto da mitomanie epico-classiche, soggetto a squilibri, sorvegliato con devozione da una figlia quattordicenne zingarella che ha accenti forastici del basso Lazio, e che reca i segni dolci “delle creature di mente un poco tardiva”.
Lei è Antigone. Lui è la reincarnazione di un Edipo trasandato, logorroico, nomade e sfregiato, accolto in un reparto Neuro-deliri dove stazionano tre guardiani, un dottore-Teseo e una suora-Ismene. La tragedia sofoclea Edipo a Colono, ovvero il concludersi del lungo e tormentato esodo di un sovrano parricida e incestuoso, è, in questa Serata a Colono, un calvario rivissuto oggi con scabri accenti misti a deliri d’alta e remota nobiltà violata, con l’Edipo attuale pervaso da un dolore furioso, affetto da miraggi.
La trepida pietà letteraria di Elsa Morante somatizza nel Coro dei ricoverati, e nei dialoghi, citazioni da discorsi politici e militari, da canti atzechi, da un blues di forzati, dall’Inno dei Morti ebraico, dalla Bibbia, dai Veda, da Allen Ginsberg, da Hölderlin. Nel contesto di quello sciatto pronto soccorso medico e di echi invece ispirati e mitici, l’Edipo cieco assurto a nostro contemporaneo, reduce da chilometri e chilometri di pellegrinaggio, senza pace come da profezia, reclama-declama d’aver “visto” l’inanità di grattacieli di vetro, di navi lunari e di Hiroshima, e non sa più se la città della peste, se la peste ontologica che spande angoscia, sia “conseguenza dell’infamia, o sua causa, o suo pretesto, o un suo sogno”».
Rodolfo Di Giammarco
Spettacoli ore 20.45 – domenica ore 15.45