Dramma in cinque atti
PRIMA NAZIONALE
Un intreccio tra mafia e politica che ha anticipato la realtà attuale di oltre un secolo.
Febbraio 1900. A Caltagirone, al Teatro Silvio Pellico, si rappresenta La Mafia, di Luigi Sturzo, dramma in cinque atti su un fenomeno criminale fiorente, che parla di Bene e di Male, ma che è anche storia vera. Una testimonianza dei legami già allora esistenti tra mafia e politica; legami ripetuti, complessi e forti al punto di condizionare le aule di giustizia. Al centro della messa in scena l’omicidio avvenuto nel 1893 del cavalier Emanuele Notarbartolo, direttore del Banco di Sicilia, ex sindaco di Palermo e deputato del Regno. Un delitto eccellente per cui la pubblica accusa aveva individuato come mandante l’on. Raffaele Palizzolo, una circostanza che causò enormi difficoltà e lungaggini allo svolgimento dei processi a carico di ideatori ed esecutori dell’omicidio. Una situazione intricata e melmosa da cui non a caso scaturirono sentenze contraddittorie: Palizzolo condannato in primo grado, venne assolto in appello dodici anni dopo, nel 1905. Intenzione di Luigi Sturzo, già consigliere comunale di Caltagirone e fautore dell’intervento diretto dei cattolici in politica mediante un partito laico e autonomo dalla Chiesa e dal controllo dei consolidati ed elitari schieramenti della sinistra e destra storica presenti nel Parlamento del Regno, era quella di denunciare un grave fenomeno criminale, ma anche di fare formazione civile.
Sturzo aveva l’obiettivo di indirizzare le masse, in gran parte composte da persone che non sapevano leggere, con un messaggio semplice, basato su fatti reali. Allo scopo di rendere per loro possibile una scelta consapevole, di responsabilità. Oggi la potremmo definire “una scelta di campo per il bene comune e la giustizia sociale”. La battaglia di don Sturzo contro la mafia e la partitocrazia connessa alla corruzione, al clientelismo e all’abuso del denaro e del potere pubblico, fu avversata nel modo più classico attraverso un metodo sempre in voga: la congiura del silenzio, andata avanti anche nel dopoguerra e fino a oggi, sebbene una parte politica sia stata tragicamente decimata anche dal cancro della immoralità, della corruzione e dell’infiltrazione mafiosa. Non è un caso che, salvo pochi studiosi, il contributo antimafia di don Sturzo comune alla sua lotta contro quelle che chiamava “le male bestie” che divorano la democrazia italiana, (la partitocrazia, lo statalismo e l’abuso del denaro pubblico), non sia mai stata analizzata compiutamente e, tantomeno, valutata nel considerare le cause del ritardo dello sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. Né è stata mai presa almeno ad esempio di impegno civile.
Piero Maccarinelli – Gaspare Sturzo
Il 29 maggio ore 21.15 lo spettacolo è su Rai Cinque, regia televisiva di Marco Odetto.