Presentazione del volume di Elena Tamburini, Gian Lorenzo Bernini e il teatro dell’Arte (Firenze, Le Lettere, 2012).
Relatori: Siro Ferrone, Renzo Guardenti, Anna Maria Testaverde.
Oltre che scenografo, scenotecnico e apparatore di feste, il Bernini fu anche attore-autore, capocomico, perfino committente e, negli ultimi anni, impresario di commedie per musica: copriva dunque l’intero ventaglio della spettacolarità in una città, Roma, che era, all’epoca il “gran teatro del mondo” e in un secolo, il Seicento, in cui forse per la prima volta si ha piena consapevolezza dell’importanza della comunicazione e delle infinite possibilità offerte per essa dallo spettacolo. Per questo campo inedito il Bernini, con la sua esperienza specifica nel settore, costituiva una carta preziosa, uno strumento davvero irrinunciabile. Un settore che però, particolarmente a Roma, era all’epoca considerato dai più temibile e infido e proprio in ragione della non ordinaria attrazione che rischiava di esercitare sulle coscienze. Questo il conflitto di fondo che spiega almeno in parte le difficoltà incontrate da chi si propone di far luce su questo aspetto, davvero centrale, della cultura e della storia romana del primo Seicento. Non c’è dubbio peraltro che i ricchissimi repertori di immagini e documenti della festa, i documenti dei grandi spettacoli barberiniani e le cronache delle commedie lo vedano protagonista. Un protagonista che, come sul crinale di un gioco affascinante e pericoloso, valendosi di uno straordinario e multiforme talento e anche di un innegabile carisma personale, sembra divertirsi a sfidare le più alte personalità di governo (perfino i nipoti del papa e perfino il papa), rimescolando nel contempo ogni convenzione di genere e ogni regola precostituita.