Oltraggio alla morale. Appena pubblicato, il romanzo Madame Bovary viene subito messo sotto inchiesta. Troppo reale, quasi tangibile, l’adulterio raccontato da Flaubert; troppo vero il suo personaggio di giovane donna di provincia accerchiato dalla noia.
Sulle orme della madre, Monica Guerritore, Lucia Lavia interpreta Emma Bovary nella versione teatrale originale di Letizia Russo, per la regia di Andrea Baracco. Lino Musella è il marito di Emma, Charles Bovary.
Costretta tra le insoddisfazioni, la donna si macera in un’esistenza senza sussulti, vuota perfino di linguaggi. Come nel romanzo, le parole sono più efficaci nel mascherare che nel trasmettere la verità: a Madame Bovary non resta che intrecciare un tessuto di bugie con cui ripararsi, come può, dal male di vivere.
Una produzione KHORA.teatro.
Trama
Emma Bovary è una giovane contadinotta con il desiderio di trasformare la propria vita e sposa il vedovo Charles, un medico condotto, con la speranza di evadere dal mondo dal quale proviene, ma ben presto la noia sopraggiunge giudicando quel sogno del tutto infranto. Mangiare, dormire, riprodursi: questo è il motto di Charles. E quando il marito la conduce ad una festa di un marchese suo paziente, in Emma scatterà qualcosa di nuovo, qualcosa che la condurrà verso un baratro da cui non potrà più tornare indietro. Consapevole del suo fascino inizia a farne un uso goffo ma i primi corteggiatori non mancano ad arrivare. Arriva una figlia che verrà messa subito a balia poiché la donna è incapace di gestire il ménage familiare oppressa dalla sua depressione. Certo la vita è migliore quella descritta nei libri, e la giovine donna legge tantissimo in attesa di dare una svolta alla propria vita. E arriverà con la frequentazione dell’aitante Rodolphe. Ma non tardano ad arrivare i guai con i debiti alle porte causati dall’assillo/provocazione continua da parte di un usuraio tentatore senza scrupoli. Il cianuro metterà fine a ogni cosa, rimetterà a posto la vita/morte di ognuno: Emma nel suo suicidio/liberazione e Charles nella consapevolezza/agnizione di non saper provare rancore, per nessuno.
Note di regia
“Emma Bovary, come Don Chisciotte, come Amleto è una sapiente fabbricatrice di illusioni, e pare mossa, sempre, da una folle, a tratti esasperante, volontà di renderle concrete queste illusioni, di cucirsele addosso, indossarle senza curarsi delle evidenti sproporzioni che portano in dote, di farne splendidi fondali a uso e consumo della propria sbiadita esistenza. La signora Bovary, vittima delle proprie fantasie, nel desiderio di far del suo percorso sulla terra materia da romanzo, nella ferma volontà di divenire protagonista indiscussa della vita che le hanno dato da vivere, inciampa costantemente fino a perdere il ritmo dei propri passi, per poi sbagliare grossolanamente il tempo dell’ingresso in scena, così, anziché precipitare in quell’orgia perpetua che crede aver diritto di abitare si ritrova in una stretta gabbia piena di trappole, doppi fondi, bassezze e personaggi caricaturali”.
Andrea Baracco