Feroce critica della classe politica del suo paese, colpevole di non aver mai veramente tagliato col passato nazista, Piazza degli Eroi (Heldenplatz), ultimo testo teatrale di Thomas Bernhard, è considerato uno dei più grandi scandali teatrali nella storia dell’Austria del dopoguerra.
Scritto nel 1988, è una sorta di testamento teatrale e politico che all’epoca fu associato al testamento personale dell’autore (morto il 12 febbraio 1989), dove era disposto il divieto di pubblicazione e messinscena delle sue opere nel proprio paese.
In occasione del debutto, al Burgtheater di Vienna il 4 novembre dello stesso anno, l’opera suscitò uno dei più grandi scandali teatrali nella storia dell’Austria del dopoguerra, soprattutto per gli espliciti riferimenti temporali e di luogo (cosa inusuale nelle opere di Bernhard): la data – Vienna, marzo 1988 – e il titolo – Heldenplatz – ovvero la piazza in cui nel 1938 Hitler annunciò alla folla l’Anschluss, ovvero l’annessione dell’Austria alla Germania nazista.
A più di trent’anni anni dal debutto, il regista Roberto Andò considera necessario e urgente rimettere in scena questa pièce, mai rappresentata in Italia, proprio perché, a dispetto della inedita precisione realistica di Bernhard, per comprendere oggi il senso di questo testo visionario e catastrofico non occorrono indicazioni di luogo e di tempo. Gli spettatori che assistono a Piazza degli Eroi capiscono subito che l’azione si svolge in una qualsiasi piazza da comizio, di una qualsiasi città d’Europa.
Note di regia
“Piazza degli Eroi (Heldenplatz) apparso nel 1988, è l’ultimo testo teatrale di Thomas Bernhard, e uno dei suoi indiscussi capolavori. Quando il grande scrittore austriaco morì, il 12 febbraio del 1989, il pubblico che lo aveva amato recepì il messaggio di radicale drammaticità di quest’opera con una emozione talmente intensa da risultare insopportabile, e lo associò all’atto notarile che lo scrittore aveva depositato, a quel testamento in cui, con altrettanta visionaria provocazione, Bernhard aveva disposto che nel suo paese d’origine fosse vietata sia la pubblicazione dei suoi testi, sia la loro messinscena.
Il clamore suscitato a Vienna al debutto di Piazza degli Eroi confermò l’immagine di uno scrittore furiosamente critico nei confronti del permanere in Austria di strutture autoritarie e fasciste, e il giudizio feroce per la classe politica che vi si era impiantata dal dopoguerra, colpevole di non aver mai veramente tagliato col passato nazista.
Piazza degli eroi è dunque il testo più politico di Thomas Bernhard, beninteso nella cifra esistenziale e metafisica che alla politica ha sempre voluto attribuire questo autore. Pur essendo ritenuto una summa dei temi di questo autentico genio della letteratura e del teatro, ed essere stato sin dalla sua apparizione oggetto di importanti messinscene in Europa e nel mondo, Piazza degli Eroi non è mai stato rappresentato in Italia.
Ognuno degli spettatori che assisterà a una recita di Piazza degli Eroi, capirà subito che l’azione si svolge in una qualsiasi piazza da comizio, di una qualsiasi città d’Europa. L’Austria di Bernhard (dallo scrittore intravista profeticamente nei primi consensi per Haider), nel giro di una trentina e passa d’anni, è ormai ovunque. La storia del professor Schuster, una mente matematica filosofica, suicida per protesta contro l’avanzare della barbarie antisemita, è raccontata dal drammaturgo in una partitura a più voci, modulando una orchestrazione perfetta dove appaiono come relitti citazioni di altri grandi testi – tra tutti, Il giardino dei ciliegi di Čechov.
La piazza e le voci inneggianti che si levano a disturbare la mente sconvolta della vedova del suicida, sono la piazza e le voci che ovunque nell’Europa smarrita di oggi invocano l’uomo forte, “un regista che li sprofondi definitivamente nel baratro”, come dice lo zio Robert, il fratello del suicida, parafrasando lo stesso Bernhard.”
Roberto Andò