Sarajevo, 19-23 settembre 2022
«Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure» scrive Italo Calvino nelle Città invisibili.
E di paura Sarajevo ne ha vista tanta.
Questo nostro viaggio con SCUB nei Balcani parte dove tutto è iniziato, con l’alloggio presso l’Holiday, l’ex Holiday Inn, l’albergo costruito per i Giochi Olimpici del 1984: il primo albergo di standard internazionale, e da dove i cecchini di Radovan Karadzic spararono contro l’ultima manifestazione per la pace, dando inizio alla guerra, trent’anni fa. E che diventò poi colonia di reporter durante l’assedio, come racconta Toni Capuozzo nel suo libro Balcania – L’ultima guerra europea (Edizioni Biblioteca dell’Immagine).
Di questo passato non rimane traccia, se non nei telefoni delle camere, forse una mera dimenticanza nei cambi d’arredo, forse per il desiderio semplicemente di cancellare quel che era successo: perché a volte la cosa più difficile è trovare la giusta maniera di dar spazio ai ricordi.
Il nostro viaggio esplora dunque la memoria di quel tempo, percorrendo il presente attraverso i luoghi e le persone.
Luoghi come Zlatište, la collina sopra Sarajevo, dove durante la guerra fu posta la prima linea di difesa della città e dove Smirna Kulenović – un’artista, attivista e ricercatrice transdisciplinare – ha ideato una performance nella quale, insieme a cento partecipanti, ha piantato calendule, a simboleggiare un restauro del paesaggio. Scegliendo proprio la calendula non solo perché anticamente usata nei rituali dell’etnobotanica slava, ma più simbolicamente per le sue proprietà officinali di pianta curativa – sia di ferite che del terreno.
Persone, soprattutto donne, come Aida Kalender – responsabile del Desk per Creative Europe BiH – e fondatrice del festival musicale Futura (creato appunto durante l’assedio come movimento culturale indipendente), o ancora Nidžara Ahmetašević, giornalista attivista di ricerca nei processi di confronto con il passato, sui media e la propaganda politica, e sui diritti umani e le migrazioni, e Andreja Dugandžić ricercatrice e operatorie culturale e artista multimediale.
Persone che, dalle prime bombe sganciate sulla città, ad oggi, continuano ostinatamente a spendersi perché nessuno in questa esperienza di dolore qual è quella della guerra, possa sentirsi solo, e che venga raccolto / raccontato / spartito / condiviso.
Perché Sarajevo ha vissuto anche tanto nel desiderio di riscatto, in quella vocazione alla speranza sulla quale ha costruito la nuova identità.
E l’arte che è necessità, diventa così espressione di resistenza, e poi libertà.
Chiara Donà
Relazioni e Progetti internazionali Teatro della Toscana